Bologna ha il centro storico più grande del mondo (solo dopo Pechino con la città proibita), abitato da oltre sessantamila abitanti. Una simile eredità culturale ci deve impegnare in una programmazione seria degli interventi urbanistici, che riguardino una città così peculiare. Purtroppo da tempo assistiamo alla totale improvvisazione e alla mancanza di scelte consapevoli. Al contrario molti interventi si dimostrano non solo in contraddizione con lo spirito storico della città, ma addirittura deleteri e di puro spreco delle pur non abbondanti risorse del bilancio comunale. I nostri amministratori, non si sa se per scelta o per pochezza, hanno da tempo abbracciato una visione modernista, e non moderna, che li guida nel loro operare. Citerò alcuni esempi. In tempi ormai lontani si sono sostituiti i gradini di S. Petronio, acquistati e collocati all’estero; si sono posizionate aliene sfere d’acciaio in gioielli architettonici medioevali come piazza S. Stefano, una delle architetture più belle e artisticamente omogenee del mondo. Nel secondo cortile di palazzo d’Accursio si è costruita una enorme cassa di legno, con una spesa ingente, stravolgendo quella che era stata la sede del terzo orto botanico medioevale, di cui il pozzo monumentale (copia dell’originale conservato in pinacoteca) è testimonianza; affogando la cisterna del Terribilia in un imballaggio tipo IKEA. Non si poteva con uguale spesa e con minor spreco di alberi ripristinare l’orto medicinale? In piazza Minghetti le pensiline dell’autobus, in acciaio verniciato di grigio, sembrano progettate con il LEGO; e anche i lampioni della piazza si curvano che pare si vergognino di fronte allo splendido edificio marmoreo della banca. Recentemente altro obbrobrio simile ha creato archi d’acciaio in piazza Minghetti, che ora la madonnina sulla colonna pare piangere per tale scempio. Evidentemente bisognava comprare a qualche amico un po’ di cubi di cemento e pietra e spargerli equamente per il centro, cominciando da piazza Galvani, procedendo in piazza delle Mercanzie e poi sotto le Due Torri; si erano già scordati delle inconcepibili fioriere sparse in via Indipendenza? Che dire di quell’altro assurdo intervento con panchine e fioriere, sempre in cemento, davanti a S. Francesco. Un po’ ovunque poi sono disseminate fioriere, sempre in acciaio, contenenti patiti alberelli; come quelle in via Azzo Gardino, collocate addirittura in una via tra due parchi. L’esempio forse più significativo è dato dal nuovo Comune, che per altro ci costa milioni di euro di affitto all’anno, che non solo è brutto, ma anche poco funzionale, relegato in una zona poco accessibile, persino dal quartiere periferico in cui è collocata. Senza parlare degli interventi cervellotici per il Civis (che poi non si è fatto) con la realizzazione di enormi, ingombranti e pericolose isole spartitraffico in via Marconi e Irnerio. Speravamo che il desiderio spasmodico di apparire moderni appartenesse al passato, quando ad inizio Novecento si abbatterono le torri in piazza della Mercanzia per aprire una moderna viabilità verso …. via Orefici; ma voi siete più avanti, ora avete il tram, e perché non un treno o un aeroporto in piazza Maggiore? L’arredo urbano è appunto urbano e anche quando vuol essere innovativo deve amalgamarsi e comunque considerare il contesto in cui viene inserito. Essere moderni non significa usare materiali moderni, acciaio e cemento, ma avere una testa e un cuore; affidarsi a progetti artisticamente validi, come le torri di Kenzo Tange in fiera. Ai tempi di Eiffel con materiali che erano nuovi, come il ferro, si crearono opere moderne, artisticamente valide tuttora, grazie al modo come furono impiegate e non perché si utilizzarono materiali non tradizionali. Bologna è medioevale, cinquecentesca e Liberty, non può diventare Manhattan perché la imbruttite seminando un po’ di acciaio, cemento e imballi di legno. Un appello: ponete un freno alla vostra proterva ignoranza.
DARIO SANTORO